Taxus baccata

Divisione: Gymnospermae
Classe: Coniferopsida
Ordine: Taxales
Famiglia: Taxaceae
Generi: Taxus
Specie: Taxus baccata L.
Esemplari: 6 a dimora nel 1996, 2011, 2015

Tasso o Albero della morte
Unico rappresentante spontaneo della famiglia, il tasso è un albero antichissimo, esteso in Europa, Asia Minore, Caucaso e Africa settentrionale. Attualmente, in seguito alle grandi glaciazioni avvenute nel Quaternario, conserva una collocazione sporadica e limitata a zone circoscritte: lo troviamo come esemplare isolato o formante piccoli boschi di collina e di montagna fino a 2.000 m di altitudine.
In Italia, in Sardegna, in qualche località dell’Appennino ed in Puglia (specialmente nella Foresta Umbra) ve ne sono parecchi.
Il termine latino baccata è stato usato dai botanici e vuol dire “fatto con perle” (riferendosi ai frutti) mentre il suo nome tedesco Todesbaum significa albero della morte.
E’ difatti la taxina, contenuta in tutte le parti della pianta (tranne che negli arilli dove sono racchiusi i semi), che se ingerita agisce sul cuore, diventando letale.
Già Dioscoride, Plinio, Teofrasto, Ovidio, Plutarco, ne parlavano come di un albero che evoca immagini tetre. I Romani lo usavano in segno di lutto e le strade che conducevano agli Inferi erano ombreggiate da tali piante. Anche i Druidi lo consideravano sacro: oggetti di culto, bastoni, tavolette di esecrazione erano fatte col suo legno.
A causa delle sue foglie sempreverdi, però, era anche segno d’immortalità.
In Inghilterra, seguendo antiche usanze celtiche, il tasso dei sagrati ‘churchyard yeu’ venne adibito ai luoghi sacri (cimiteri o sagrati delle chiese) e i suoi rami vennero utilizzati nei riti della Domenica delle Palme (in sostituzione dei rami di ulivo), ma alberi di tasso, molto vecchi, ancora oggi si ammirano nei sagrati di chiese a dimostrazione che le piante esistevano già da quando le stesse furono costruite.
Anticamente era altresì chiamato “l’albero del vangelo” (Gospel yen) perché lo si raggiungeva sul luogo dove era ubicato in processione e sotto di esso si leggeva un brano del libro sacro.
“…Talee di tasso – colte mentre la luna è in eclisse…” , così Shakespeare ne parla nel Macbeth mentre nell’Amleto il padre di questi fu avvelenato con l’hebenon, succo ricavato dalla pianta.
Anche in Francia e in Italia l’albero era usato per rendere sacro un oratorio o una chiesa e qualche volta è sopravvissuto agli edifici stessi oppure è stato oggetto di manifestazioni di culto (per esempio durante le rogazioni).
Il suo legno, che ha un colore arancio-brunastro e una bella venatura, è compatto, elastico, resistente e durevole; si presta molto bene per lavori eseguiti al tornio e di ebanisteria.
Sappiamo che gli uomini primitivi lo utilizzavano per costruire palafitte ed archi ma anche armi, picche, lance e frecce.
Gli Egiziani impiegavano il suo legno per costruirci sarcofagi mentre nel Medio Evo veniva adoperato per costruire archi e frecce.
In Europa (soprattutto per la realizzazione di giardini all’italiana) viene proposto come albero ornamentale perché si presta a essere potato nelle forme più strane e più drastiche; oppure per fare siepi o bordure.
Si sviluppa lentamente, predilige i terreni calcarei, resiste all’inquinamento e mediamente alla siccità, cresce bene sia in posizione soleggiata che parzialmente ombreggiata.
La sua corteccia si desquama in placche rossastre. Ha spesso il fusto suddiviso fin dalla base. Può raggiungere un’altezza di 15 m. Le foglie sono strette e piatte con la pagina inferiore più chiara, di color verde opaco.
I fiori maschili e quelli femminili sono portati da individui diversi: il fiore maschile è giallo e il minuscolo fiore femminile è verde.
I semi maturi, rivestiti dall’arillo rosso brillante, contrastano con il verde scuro delle pagine superiori degli aghi.
L’arillo carnoso è molto apprezzato dagli uccelli.
L’ individuo più longevo d’Italia, si pensa abbia più di 2.000 anni, ha un’altezza di m 15, una circonferenza di m 5,25 e si trova in Località “Maltari” a Urzulei (NU).
Ma il più famoso esisteva già nel 1037, quando San Pier Damiani lo trovò ai picchi del Monte Catria, nel cuore degli Appennini. Ha più di 1.000 anni ed è sicuramente quello che Dante cita nel XXI Canto del Paradiso e che, con tutta probabilità, è stato salvato perché legato a qualche evento religioso. Ha una circonferenza di m 4,75 ed un’altezza di m 15.
Infine, l’Orto Botanico dell’Università di Firenze possiede un albero di Taxus baccata, segnalato per la sua vetustà, che venne messo a dimora nel 1720 da Pier Antonio Micheli, direttore dell’Orto stesso e fondatore della Società Botanica Fiorentina.


(Testo tratto da
Orto botanico di Ome – Le conifere coltivate – Riconoscimento, storia, mito, leggenda,
di Maria Bianchetti e Antonio De Matola,
Regione Lombardia, Comune di Ome, Comunità Montana del Sebino, 2001)