Introduzione

Le conifere coltivate, di Maria Bianchetti e Antonio De MatolaAl “maestro” Augusto Pirola – Docente del Dipartimento di Ecologia del Territorio e degli Ambienti Terrestri dell’Università degli Studi di Pavia – tutto il nostro affetto per i suoi preziosi consigli, scientifici e strutturali, che hanno reso quest’opera uno strumento di facile e pregevole consultazione.

Antonio e Maria De Matola


Questi giorni febbrili – portali alla foresta
dove fresche intorno al muschio regnano le acque.
Dove l’ombra è l’unica cosa che devasti la quiete.
Emily Dickinson “Silenzi” (1878)


Chi giunge nella valle di Fus di Ome, dove è ubicato l’Orto Botanico delle conifere, si trova di fronte un paesaggio dove l’incontro con l’uomo sembra appena avvenuto. Occorre molta attenzione e vista acuta per scoprire antichissime tracce paleoetrusche o segni di laboriosità agreste appartenenti a tempi ormai remoti, dove il tempo e la foresta, come pazienti tessitori, hanno calato un velo fatto di alberi e di arbusti. Ma l’uomo, costruttore di paesaggi, è giunto fin qui alla ricerca di un genere di vita volto al tentativo continuo di una simbiosi con la natura, con le piante e gli animali, l’acqua e la terra. Così si è immaginato un nuovo paesaggio che fosse la tenera conseguenza del lavoro svolto, della mentalità più eletta, del modo di essere e di sognare una civiltà. Sono stati proprio questi legami esistenti con la terra che hanno suggerito agli uomini di tramandare se stessi, attraverso i segni di un lavoro di miglioramento del paesaggio che potesse giungere come patrimonio da custodire per le generazioni future.

L’ idea della progettazione di un Orto Botanico era grande, affascinante per chi sa accettare e lasciarsi conquistare dalle sfide liriche. Quanto impegno è stato messo, allora, dalle persone che l’hanno realizzato (il Gruppo Micologico di Ome) e che erano così attaccati alla propria identità locale; quanto impegno per creare uno spazio che fosse vissuto e che non venisse inteso come un progetto di “natura-riserva”, dove bisogna entrare in punta di piedi per non disturbare. Tutt’altro! Così, per non far sentire nessuno fuori dal proprio territorio, si è pensato alla coltivazione di alberi che tutti possono piantare nel proprio giardino.

Se “Dio onnipotente, per prima cosa, creò un giardino”, scrisse Bacone, e se, in effetti, questo è il più puro dei piaceri dell’uomo e il massimo sollievo per il suo spirito, era difficile immaginare di far sorgere l’Orto Botanico in un luogo che non avesse il nome di “paradiso”. Ed è proprio in località “pradizì del Paradis” dove si sono incontrati la scienza, la politica, la tecnologia, il pensiero e il lavoro e scoprire che tutti insieme si aveva un grande obiettivo: creare bellezza.

Ora questo “piccolo gioiello” sta crescendo, sta creando i parametri che occorrono per stupire, per rasserenare, per meditare, per gioire, per amare e per studiare. In sintesi, sta creando l’atmosfera nella quale è facile credere che un giardino sia l’espressione più bella e semplice del creato.

Già molti maestri vi hanno accompagnato i loro alunni per scoprire che godere della serenità di un Orto Botanico è forse un metodo, una traccia di sentiero appena abbozzato, per tentare di curare quelli che oggi sono i più evidenti disagi: in primo piano quella silente infelicità dovuta, a detta di molti, al fatto che il non sapere più abitare la terra, come casa, genera sentimenti negativi come la paura e ogni sorta di rassegnato fatalismo.

Coloro che, anche confusamente, possono avere intuito tutto ciò non disperino, piuttosto esperimentino che nella quiete di un angolo della foresta, lambito da un limpido torrente, dove gli uomini hanno immaginato uno spazio diverso, si può riscoprire quella serenità e quella gioia che solo la natura, in taluni casi, sa donare: l’Orto Botanico è stato realizzato anche per questa delicata funzione!

Personalmente credo che un giardino botanico sia libertà e desiderio di tracciare nuovi sentieri che allontanino dal vivere metropolitano alienante e che sia anche filosofia di vita, fantasia, arte, cultura, poesia, intese come la purezza di un gesto antico, quale è la coltivazione della terra su cui piantare alberi preziosi.

Ai posteri, dunque, il compito di continuare ciò che è stato iniziato, così che un semplice atto di buona volontà diventi il luogo in cui le generazioni future possano usufruire della bellezza della natura.

Antonio De Matola


(Testo tratto da
Orto botanico di Ome – Le conifere coltivate – Riconoscimento, storia, mito, leggenda,
di Maria Bianchetti e Antonio De Matola,
Regione Lombardia, Comune di Ome, Comunità Montana del Sebino, 2001)